Due gol e assist-capolavoro a Lozano: show del Capitano del Napoli Lorenzo Insigne contro la Fiorentina. Una sola parola che dice tutto: Kairos, per i greci era il tempo opportuno, il momento propizio quello giusto. Questa vittoria per il Napoli arriva al momento giusto prima della Supercoppa.
E al momento propizio arriva la sconfitta della Juve nel derby. Una Juve che è stata copia sbiadita non solo di quella inarrivabile di Allegri ma anche di quella vista contro il Milan poco tempo fa.
Il campionato attuale è costellato da alti e bassi. Le squadre si rendono protagonisti di continui “rise & fall”. Ciò è frutto, naturalmente, dell’impossibilità di svolgere una preparazione degna di tal nome in estate.
Lorenzo Insigne non è stato immune ad alti e bassi. In alcuni match è stato anche aspramente criticato. Qualcuno ha parlato di incomprensibilità e, in alcune partite, lo stesso Lorenzinho ha fatto fatica a comprendere sé stesso. Ci siamo spesso domandati quale fosse il vero Insigne: quel maestro di tecnica sopraffina, in grado di trovare traiettorie che sfidano le leggi della fisica, o un ostinato tiratore schiacciato da uno status che a volte sembra più grande di lui?
Scandagliando nella carriera del ragazzo, ma anche in questa stagione, il quadro che emerge è quello di un talento purissimo, ma al quale manca il centesimo per fare l’euro. Intendiamoci, Lorenzo Insigne può sedersi al tavolo dei grandissimi in termini di tecnica e classe. I limiti sono principalmente fisici e, data la sua conformazione, a questi non è possibile porre rimedio. Eppure, nel corso della sua carriera, Lorenzinho è riuscito a far fronte ai problemi legati a un fisico minuto, puntando tutto sulla tecnica e sulla “fame”.
Quella fame che gli ha consentito di diventare capitano del Napoli, nonché di essere capitano della nazionale. La stagione attuale, al pari del 2017/2018, è la migliore in carriera per il ragazzo di Frattamaggiore. La differenza risiede nel fatto che attualmente siede sulla panchina della nazionale un allenatore degno di tal nome. I 13 minuti che gli furono concessi in Svezia, praticamente da centrocampista offensivo, esemplificano la follia della gestione Ventura.
Nel Napoli, Insigne si è dimostrato buono per tutte le stagioni. Lanciato da Mazzarri nel 352, è stato un punto fermo con Benitez, Sarri, Ancelotti e adesso con Gattuso. Alla soglia dei 30 anni, possiamo sussurrare che probabilmente il meglio deve ancora venire. Andando indietro nel tempo, mai in nessuna stagione Insigne è stato così determinante in termini di gol, assist e contributo per la squadra. Al netto di qualche battuta a vuoto, Lorenzinho ha preso per mano la squadra. La ha trascinata nelle goleade, così come la ha tirata fuori dalle sabbie mobili nei momenti bui.
Talvolta sembrava un calciatore incompiuto, come se il peso che si portava addosso potesse sopraffarlo, ma ha lottato contro sé stesso e i suoi demoni, uscendone vincitore. L’istantanea dell’azione contro la Fiorentina, in cui ha preso palla da dietro al centrocampo, si è destreggiato tra una selva di gambe, ha atteso il momento propizio per servire Lozano e ha disegnato una traiettoria magica, è una foto da olio su tela. Si può dire che il campione di Frattamaggiore ieri ha dipinto calcio. Una giocata da vero e proprio alchimista.
Se il Napoli, squadra quest’anno tutt’altro che perfetta e che ha vissuto una serie innumerevoli di peripezie, tra covid e infortuni, si trova in posizioni di altissima classifica, lo deve al suo Capitano. Quest’anno è riuscito ad uscire fuori dalla comfort zone, ad andare oltre sé stesso, a raggiungere vette prima d’ora inesplorate. Vette di rendimento sublimate dal match di ieri e da una giocata, quella per Lozano, che entra di diritto tra le più belle della Serie A.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione