Guti, al secolo José María Gutiérrez Hernández,viene considerato un campione di cristallo, anche se non sempre a ragione. Per i tifosi le sue ossa erano “fragili come un bel piatto di porcellana” e i suoi muscoli erano “fatti di zucchero filato”.
Essendo un calciatore proveniente dalla cantera del Real, il tifo madridista era diviso in due fazioni. C’era chi lo subissava di fischi al primo pallone perso, mentre c’era chi ne apprezzava le grandi doti di intelligenza tattica. Il rapporto amore-odio con il pubblico del Bernabeu è andato avanti per tre lustri. Guti ha vissuto i 15 anni in prima squadra con il Real tra infermeria, ufficio dell’allenatore a prendersi ramanzine e in campo a deliziare il pubblico.
Guti è stato un calciatore seducente, pur non avendo il pedigree del campione. A un occhio superficiale e poco attento, il calciatore spagnolo sfigurava al cospetto di alcuni dei campioni più forti di sempre che giocavano nelle fila dei Galácticos. Eppure non siamo al cospetto del classico prodotto delle giovanili che, non dotato della stessa qualità dei fuoriclasse, si cala nel ruolo di gregario. Guti era sfrontato e sicuro di sé, convinto di fare le cose più oltraggiose. Nonostante il rapporto non idilliaco con parte del tifo, a distanza di un decennio dall’addio al Real Madrid, i tifosi cantano ancora il suo nome. Guti avrebbe potuto essere un Galáctico a tutti gli effetti, ma la sua carriera è stata condizionata dall’incostenza.
Il giornalista spagnolo Juan José Mateo afferma che “a volte era brillante, altre volte spariva”. Letteralmente. Per giorni e giorni si è assentato senza permesso, non comunicando al Real Madrid dove si trovasse, invitando la società a diramare un Comunicado Oficial parlando del classico infortunio diplomatico. Non parliamo poi certo di un personaggio tranquillo all’interno dello spogliatoio. A seguito delle critiche mossegli dal tecnico Manuel Pellegrini dopo l’umiliante sconfitta per 4-0 contro il modesto Alcorcón, la risposta del calciatore non fu delle più educate, per usare un eufemismo…
La maggior parte dei calciatori che raggiungono l’apice ha un momento che contraddistingue la sua carriera e che riassume perfettamente il livello di talento. Tra i campioni del nuovo millennio parte Messi e Cristiano Ronaldo (tra le serpentine del primo e i gol acrobatici del secondo, ci sono tantissimi di questi momenti), duo ultraterreno e praticamente ineguagliabile, è facile pensare a un momento che contraddistingue la carriera di un calciatore.
Guti fa eccezione a questa norma. Lui non ha un solo momento che ne definisca la carriera, ovvero un’azione o una prestazione associabile alla sua carriera e al suo nome. Ne possiamo ricordare un paio.
Il primo momento iconico dello spagnolo è arrivato nella stagione 2005/06 contro il Siviglia. Zinedine Zidane giocò il pallone per David Beckham, che a sua volta lo passo a Cicinho. Il terzino destro crossò male e la difesa andalusa sbrogliò. La palla vacante arrivò sui piedi di Guti al limite dell’area. I difensori avversari si aspettavano un passaggio di manovra, ma lo spagnolo si rese protagonista di un incredibile taconazo. L’assist di tacco per Zidane fu perfetto e il francese segnò, tra le proteste dei calciatori del Siviglia che chiedevano l’offside.
I difensori avevano pensato che fosse impossibile che la palla potesse raggiungere Zidane così velocemente. La giocata di Guti fu così fulminea che il cameraman fu costretto a spostare la ripresa per far vedere la battuta di Zidane. Ángel González di El Mundo definì “sessuale” l’assist e affermò che Guti era “un angelo” che si era reso protagonista di “una performance celestiale”. Era il momento di Guti, erano i suoi secondi d’oro con la camiseta blanca.
La seconda giocata che sarà indistinguilmente associata a Guti ebbe luogo al Riazor. Era fine gennaio e un tipico benvenuto piovoso e ventoso attendeva i Blancos nella zona della Spagna che sovrastava Portogallo. Il Real Madrid non aveva nella tana Deportivo nelle 19 stagioni tra il 1991 e il 2010. Si parlava di “maledizioni” e “incantesimi maligni” sul suolo galiziano.
Ogni volta che le Merengues percorrevano i 598 km a nord-ovest, si consideravano fortunate se tornavano a casa con un punto. Magari non saranno state le forze magiche evocate da una strega galiziana ad essere responsabili di questa maledizione, ma fu necessaria certamente un po’ di magia bianca per spezzarla. Il Real Madrid utilizzò il suo mago più efficace di tutti, anche se tra i meno nobili della sua squadra ricca di stelle.
“Mammamia! Che bestia! Non è Cristiano, non è Messi; questo calciatore è una barbaridad“. La parola barbaridad utilizzata da Javier Pérez Sala di Cadena COPE per descrivere il modo in cui Guti ha giocato la palla a Karim Benzema nel gol che mise fine a questo “incantesimo maligno” non è traducibile perfettamente, ma rende l’idea.
Kaká andò in contropiede e trovò Guti solo davanti al portiere. Il controllo dello spagnolo fu perfetto, ma Aranzubia gli chiuse benissimo lo specchio. Non sarebbe stato impossibile segnare, ma il numero 14 delle Merengues trovò l’accorrente Benzema con un altro taconazo. Un assist celestiale, come se avesse gli occhi dietro la testa. Forse Guti scelse di non tirare non perché non fosse possibile segnare, ma perché, non si sa come, “sentì” la presenza di Benzema, consapevole che il compagno avrebbe potuto segnare a porta vuota. Fu il gol del raddoppio delle Merengues. Niente più streghe a Riazor. “Il tacco di Dio“, ricorda lo stesso Guti, “sarà ricordato per 30 anni“.
Questi due capolavori di Guti saranno custoditi nella storia del Real dei Galácticos al pari del taconazo con tunnel di Redondo a Old Trafford e del golazo di Zidane in fianel di Champions contro il Bayer Leverkusen.
Guti è cresciuto come tifoso del Barcellona. Ha poi giocato 15 anni nel club più vincente al mondo, passando per due epoche del Galácticos, e ha sempre avuto una vita difficile. L’arrivo di Seedorf ha limitato le presenze di Guti e, quando l’olandese andò via, arrivò un certo Zidane. Quando non era in campo, i media spagnoli amavano speculare su Guti. I giornali scandalistici si scatenavano dopo averlo pizzicato intento nella sua movimentata vita notturna, alimentando la divisione di amore-odio tra i tifosi.
Molte domande sono state sollevate durante i 15 anni di permanenza di Guti al Real Madrid: era un centrocampista d’attacco? Era un playmaker offensivo? O era addirittura un attaccante? Non di rado, Guti ha ricoperto la posizione di centravanti. Un giocatore di questo tipo non è identificabile come un ruolo. Sul ruolo, Guti ha dichiarato: «Tutte le porte mi si chiudevano davanti. Sono migliorato come trequartista ed è arrivato Zidane. Sono migliorato come attaccante ed è arrivato Ronaldo. Ora gioco in Nazionale da centrocampista ed è arrivato Beckham».
Certamente si è trattato di uno degli assistman più forti del nuovo millennio. L’assist del primo gol di Ronaldo il Fenomeno a Old Trafford è uno di questi esempi. «Alzavo la testa prima che mi arrivasse palla. Già sapevo dove erano posizionati tutti. Quando ricevevo il pallone sapevo già come dovevo giocarlo». E questa parte rende ulteriormente l’idea: «Per questo ero così rapido nelle decisioni. E per questo a volte chiedevo palla con urgenza: perché stavo vedendo il gioco e quel gioco poteva sparire in qualsiasi momento».
Guti è stato un calciatore dotato di una classe indiscutibile e il fatto di aver giocato con i Galácticos ha certamente contribuito alla sua crescita, ma avrebbe potuto fare molto di più se avesse mostrato maggior disciplina in carriera. Non è stato certo un giocatore minore di cui si faticava a capirne il senso, ma ha dato questa idea a causa della sua indisciplina fuori dal campo e della presenza di fuoriclasse in squadra. A riguardo, Antonio Cassano, non esattamente un maestro della disciplina, ha affermato: «un giorno si allenava bene, un altro non si allenava, un altro ancora non c’era e nessuno sapeva cosa stava facendo». Cassano ha anche affermato che Guti sarebbe potuto essere tra i migliori al mondo, ma evidentemente non gli interessava…
Vincenzo Di Maso
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione