David Silva è un calciatore che affascina. Affascina a partire dalle origini nippo-iberiche. La madre, turista giapponese a Gran Canaria, si innamorò di un poliziotto, Fernando Jiménez, padre quindi di David.
Da questo insolito sodalizio è nato uno dei calciatori più talentuosi del nuovo millennio. David Silva non è il classico calciatore “canario” genio e sregolatezza, ma un elemento che ha coniugato talento e lavoro. Il passo dalle Canarie a Valencia è stato rapido. Nella Spagna continentale ha fatto la differenza, ha vinto un titolo mondiale quando giocava con la squadra valenciana, conquistandosi la chiamata del Manchester City.
“È stato molto difficile lasciare Valencia, dove avevo casa, famiglia e amici. Ma non era la prima volta che lasciavo tutto per il calcio, e sentivo di doverlo fare. Oggi sono qui e credo che le cose siano andate bene”.
In Inghilterra ha letteralmente incantato, migliorando ulteriormente nella posizione di trequartista, cucitagli a pennello. Alto appena un metro e settanta, Silva ha fatto la differenza in un campionato molto più fisico. Per Guardiola lo ha descritto così: “Solitamente le qualità che servono qui sono la forza fisica, l’altezza, la velocità. David non eccelle in nulla di questo, ma li domina tutti. Un ‘nano’ li sta distruggendo tutti quanti”.
Le qualità da “mago” (tra l’altro è uno dei soprannomi del nippo-spagnolo) sono simili a quelle di Iniesta. A differenza dell’Illusionista, Silva tiene meno palla e dribbla meno, ma la fa girare con un grande velocità. Si muove con grande libertà e leggiadria. Il segreto? Non usa i parastinchi, in quanto lo opprimerebbero e gli impedirebbero questa libertà di movimento, a suo dire.
In un sondaggio è stato eletto come miglior calciatore del City nell’era dello sceicco Mansour. Sin da subito, lo spagnolo si è trovato a suo agio in Premier. La sua abilità di aggirare la prima pressione lo ha aiutato. Si tratta di un calciatore che fa correre la palla, più che correre lui con la palla. Inoltre, Silva riesce a inserirsi senza palla in zona pericolosa.
Con Guardiola è diventato il fulcro del gioco dei Citizens, agendo sulla trequarti. Qualora approdasse alla Lazio, agirebbe da punto di riferimento a centrocampo. Può partire da sinistra e accentrarsi, oppure rimanere al centro. L’ex Valencia è un calciatore associativo, che dialoga con i compagni e gioca a due tocchi. La corsa non è quella di un tempo e non può giocare 50 partite a stagione né reggere sempre per 90 minuti. Tuttavia, se in condizioni accettabili può far migliorare tutta la squadra.
Uno come lui mette in crisi le linee di pressione avversarie con il suo gioco calmo e rapido. Questo gli consente di “convivere” con un avversario vicino, senza buttare mai un pallone. Con la presenza di calciatori rapidi vicino, può essere il direttore d’orchestra ideale. Silva ha 34 anni e mezzo, quindi farebbe fatica a certi ritmi, ma questo non gli impedirebbe comunque di fare la differenza.
In una squadra esigente come il City, che compete per vincere la Champions, la sua incisività non sarebbe la stessa. Abbassandosi il livello, ovvero approdando in Serie A, uno come lui migliorerebbe il centrocampo di qualsiasi squadra. Rispetto ad anni fa ha meno dribbling, ma la resistenza alla pressione, il gioco a due tocchi, il tiro e la qualità nel passaggio non si perdono dall’oggi al domani.
In una Lazio potrebbe giocare come trequartista, vertice alto o mezzala sinistra. In quest’ultimo assetto avrebbe però bisogno di due calciatori più difensivi. Con Luis Alberto potrebbe invece giocare in un centrocampo più folto, in posizione più avanzata, alle spalle di Ciro Immobile. In conclusione. David Silva sarebbe un colpaccio senza se e senza ma.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione