De Zerbi, tecnico moderno e propositivo
Il Sassuolo ha impressionato in questa stagione. Nel post-lockdown ha tolto punti a Inter, Lazio e Juve, proponendo un calcio molto interessante. I neroverdi impressionano per possesso palla, triangoli, gestione della sfera e rapidità di esecuzione.
La storia di Roberto De Zerbi allenatore, da Foggia a Benevento, prima di approdare al Sassuolo, è contraddistinta da una precisa idea di gioco. In tutte le sue esperienze in panchina, anche quella breve e priva di soddisfazioni maturata a Palermo, De Zerbi è sempre stato uno strenuo sostenitore di un calcio arioso. Stilisticamente efficace e mai banale. Portavoce di principi tattici finalizzati al possesso estremizzato. Un approccio alla partita che trova spiegazione e fondamento nella precisa volontà di controllare la gestione dell’attrezzo.
Appare evidente che De Zerbi appartiene a quella categoria di allenatori che si approcciano tatticamente alla partita con una precisa filosofia, tesa a limitare ai minimi termini il tempo in cui gli avversari possano disporre liberamente del pallone. Ideologicamente contrapposta all’altra grande corrente di pensiero calcistico, quella attendista e speculativa.
Il possesso palla è una ispirazione, non un mero estetismo
Chiaramente, il possesso imposto dal Sassuolo non è mai fine a sé stesso. Pura sovrastruttura estetica. Ovvero, un mero artificio, per spostare semplicemente la palla da una parte all’altra del campo. Eseguito in maniera sterile e svogliata. Ma attaccando in modo organizzato e con calma, realizza un giropalla funzionale alla creazione di spazi da occupare. In sostanza, i neroverdi, come in precedenza tutte le altre squadre allenate da De Zerbi, provano a muovere il pallone costantemente, per disorganizzare la compattezza delle linee sulle quali si articola la fase difensiva dell’avversario. Allargandone ed allungandone le maglie, saturate poi con un preciso gioco di posizione, teso a determinare sempre la superiorità numerica.
Bisogna riconoscere al calcio di De Zerbi anche una efficacia difensiva. Mantenere un certo livello di possesso, infatti, si dimostra una strategia assai proficua. Il Sassuolo fa circolare la palla, un tocco dopo l’altro, con l’obiettivo di non perderla mai. Traendo il massimo profitto pure dai passaggi all’indietro. Se non ci sono spazi vuoti da aggredire, la squadra cerca di mantenere il possesso e di provocare errori all’interno del blocco difensivo avversario. Perché il passaggio in più aiuta la squadra a rimanere stretta e corta. La chiave di comprensione sta tutta qui: nell’interpretare i principi che ispirano il gioco ammirato al Mapei Stadium come un mezzo per compattare la squadra in un blocco monolitico utile in entrambe la fasi in cui si articola il gioco.
Sfatiamo immediatamente un facile pregiudizio. Quello che considera il gioco propositivo e arabescato, su cui De Zerbi modella le sue squadre, destinato solo ad una ristretta cerchia di club. Un calcio elitario, quindi, che impone a chi volesse metterlo in pratica con una certa continuità e ad altissimi livelli, di ricorrere esclusivamente a giocatori che associano ad un valore tecnico qualitativamente superiore alla media, una imprescindibile capacità di concentrazione per tutto l’arco della contesa. In estrema sintesi, una parte della critica non vede di buon occhio uno sviluppo del calcio orientato al possesso da parte delle cd. “provinciali”, partendo dal presupposto che non possono permetterselo, in quanto prive dei cd. Top Player (o presunti tali…).
Foggia come trampolino di lancio
C’è una parte di verità in questo assioma. Eppure, tale strategia può risultare efficace e produrre sostanziosi dividendi in termini di punti conquistati anche senza giocatori di qualità assoluta. Contano principi ed intensità di esecuzione. La categoria è un banale pretesto. Non a caso, il Foggia di De Zerbi ha impressionato tifosi e addetti ai lavori, dimostrando come si potesse giocare in maniera propositiva pure in Lega Pro.
Nel biennio 2014-16 l’attuale allenatore del Sassuolo costruisce un laboratorio tattico affascinante. Ad un primo anno interlocutorio sulla panchina dei Satanelli, in cui i rossoneri palesano ancora qualche sbavatura di troppo, fa seguito un secondo anno esaltante, ai limiti della perfezione. Il Foggia è un congegno ben oliato, che funziona al meglio, alternando palleggio e pressing altissimo. I giocatori reagiscono molto velocemente ad ogni pallone perso. Nel momento esatto in cui l’avversario entra in possesso della palla, viene immediatamente aggredito, in ogni zona del campo. Per uscire da una pressione così alta, spesso il portatore decide per un lancio lungo, facile preda di una difesa schierata e organizzata secondo i parametri dell’attacco (alla palla) e copertura (degli spazi). In pratica, il Foggia tiene sempre il pallino del gioco, gestendo direttamente il pallone oppure orientando l’errore della controparte, attraverso la pressione feroce.
Era dai tempi del primo Zeman che allo Zaccheria non si divertivano così tanto. Al termine della regular season, la conquista della piazza d’onore nel girone C, con 65 punti, dietro il promosso Benevento, garantisce ai rossoneri il diritto a disputare i play-off come migliore seconda dei tre gironi. La squadra di De Zerbi elimina prima l’Alessandria. Dopo, il Lecce. Ma perde la finale, contro il Pisa di Gattuso.
Da Zemanlandia a De Zerbi “land”… il passo è breve
La delusione non sgretola le certezze di De Zerbi. Anzi, ne certifica la bontà delle sue idee. Rafforzate dalla prospettiva di fare un personalissimo salto di categoria. In estate, le voci che lo danno in partenza, destinazione Ascoli, in B, si alternano con quelle che lo mettono in ballottaggio addirittura per la panchina del Crotone, in A. Con una decisione per certi versi inattesa, l’allenatore di origini bresciane prolunga il suo rapporto contrattuale con i Satanelli, fino al 2019. Una scelta dettata dalla voglia di ripresentarsi ai nastri di partenza della Lega Pro, per prendersi la tanto sospirata rivincita. Ma qualcosa non va come preventivato ed a metà agosto il Foggia ne ufficializza l’esonero.
Ormai, però, il nome di De Zerbi è sulla bocca di tutti. La curiosità per vederlo all’opera sulla panchina di una squadra di A è tanta. L’occasione per sbarcare finalmente nella massima serie gliela garantisce Maurizio Zamparini. Nel settembre del 2016 l’esordio di De Zerbi con il Palermo, guarda caso proprio contro il Napoli, che vince alla Favorita (0-3). Le opinioni sull’esperienza in Sicilia sono controverse. Ci sono quelli che sottolineano la pochezza delle statistiche. Le cifre sono asettiche e vanno interpretate. Perché i numeri parlano di una squadra che in 12 partite sotto la sua gestione mette insieme la miseria di 5 punti. Ma non riescono a testimoniare come i rosanero avessero comunque sprazzi di gioco gradevoli, una identità precisa e ricercata. Così, i principi ispiratori del calcio di possesso vengono riproposti a Benevento ed ora a Sassuolo. Ma questa è un’altra Storia. Che magari racconteremo un’altra volta…
Francesco Infranca
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione