Il Governo taglia fuori la Serie A
La Serie A sembra tagliata fuori dalla cd. “Fase 2”. Quella che, almeno teoricamente, a partire dal 4 maggio, dovrebbe consentire al Paese di provare a rimettersi in moto. In maniera graduale. E non per tutti. Da lunedì prossimo, dunque, sarà consentito, seppur con le dovute precauzioni, riprendere a fare sport. Però, soltanto a livello individuale. L’attività agonistica a livello collettivo dovrà attendere ancora.
Il Governo, di fatto, ha bocciato il protocollo presentato dalla Figc, e redatto sulla base dei diktat suggeriti dalla federazione medico-sportiva, per garantire ai calciatori ed agli staff, tecnico e di supporto organizzativo, le idonee condizioni di sicurezza in materia igienico-sanitaria.
Così, la possibilità per le squadre di calcio di ricominciare ad allenarsi nei rispettivi centri tecnici, subisce l’ennesimo rinvio. Le lancette dell’orologio, per l’italico pallone, quindi, si sono necessariamente spostate in avanti. La nuova deadline, adesso, è diventata il 18 maggio.
C’è qualcuno che fa il doppio gioco
Appare evidente che, allo stato attuale dell’arte, il futuro del calcio italiano sembra sempre più nebuloso.
Perché, all’orizzonte, si profila un problema ben più grande del doppiogiochismo di quei personaggi che continuano imperterriti a fare pressioni su Coni e Governo affinchè mettano la parola fine al campionato. Sperando, in tal modo, di non versare più gli stipendi ai calciatori. Al contempo, tuttavia, nella medesima situazione contrattuale, seppur a parti invertite, i soldi dalle tv li vorrebbero. Anzi, pretendono il malloppo tutto e subito.
Soprassedendo sul bieco opportunismo che alimenta questo tipo di comportamento, è indubbio sottolineare l’atteggiamento di chiusura manifestato nei confronti delle tv.
Il muro di gomma con il quale in tanti, forse troppi, hanno palesato la loro refrattarietà alla richiesta di collaborazione pervenuta dai titolari dei diritti televisivi, relativa alla concessione di dilazioni piuttosto che sostanziosi sconti, è foriera di uno scontro frontale inevitabile.
Che non farà prigionieri, e lascerà sul campo di battaglia più morti che feriti.
Con i titolari dei diritti televisivi lo scontro è inevitabile
Vediamo perché. L’Assemblea di Lega ha deciso che, qualora Sky, Dazn e Img non dovessero regolarmente rispettare la scadenza dell’ultima rata, entro e non oltre il 1° maggio, allora le 20 società che compongono il vertice della piramide calcistica italiana, si attiveranno per l’esecuzione forzosa.
Mettendo in atto gli strumenti giuridici idonei a far scattare le ingiunzioni di pagamento.
La cifra è cospicua. Complessivamente, sono in ballo la bellezza di 233 milioni di euro.
A questo punto, la considerazione da fare, senza volersi schierare con nessuna delle due parti, è relativa alla chiusura mentale che caratterizza, in Serie A, una larga fetta di proprietari.
Il motivo è presto detto. Se una società, ragionando in termini aziendali e non calcistici, deve affidare le proprie fortune economiche-finanziarie al danaro elargito da un soggetto esterno, ciò significa che i dirigenti deputati a reggere le sorti di quel club, sono in una situazione di insostenibilità. Almeno proiettando la loro sussistenza, all’interno del sistema, in un periodo medio/lungo.
Imprenditori o meri gestori di soldi altrui
Quello che davvero non si riesce a comprendere, è come un imprenditore lungimirante possa operare in un settore, quello dello spettacolo e dell’intrattenimento prodotto dal carrozzone del calcio, spesso e volentieri strategicamente diverso rispetto all’alveo aziendale personale, senza rischiare capitali propri.
Ovvero, limitandosi a gestire i proventi delle tv. Senza creare, attraverso questi soldi, valore aggiunto. Per esempio, investimenti strutturali, per l’azienda calcio. Funzionali a durare nel tempo e produrre comunque utilità per la loro squadra.
Dal canto loro, i tre titolari dei diritti televisivi non operano in regime di mecenatismo. Bensì, agiscono in primo luogo per soddisfare esigenze proprie e degli investitori a loro vicini. Su tutti, i concessionari della raccolta pubblicitaria, legati con un nesso inscindibile a chi offre il servizio televisivo.
Ne consegue che nel momento in cui dovesse verificarsi una spaccatura tra presidenti e concessionari tv, pure chi supporta indirettamente, attraverso gli spot pubblicitari, il sistema calcio, potrebbe decidere di fare un passo indietro. Sottraendo altre fonti di finanziamento al campionato.
Serie A ai limiti dell’autolesionismo
Onestamente, in questo teatrino dell’assurdo, sembra davvero che alcuni presidenti di Serie A, litigando con le televisioni, destinate a finanziarne quasi per intero il campionato, in regime di outsourcing, vogliano infliggersi volontariamente delle lesioni.
Comportandosi come il marito tradito, che si mutila nella sua virilità, per fare un dispetto alla moglie fedifraga, non fanno altro che castrarsi, metaforicamente parlando.
Pensando di avere, nell’immediatezza, un ritorno. Per scoprire invece, poco dopo, quanto il loro gesto inconsulto sia stato davvero poco funzionale al buon proseguimento del rapporto…
Francesco Infranca
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione