La Supercoppa italiana è una delle tante competizioni che occupano il calendario stagionale. Si tratta della seconda edizione consecutiva giocata al King Saud University Stadium di Riyad. Fino a qui si potrebbe disquisire sul fatto che la competizione si gioca fuori Italia e fuori Europa, con buona pace dei tifosi delle squadre coinvolte.
Almeno, a differenza degli anni scorsi, la manifestazione ha ragione di giocarsi. Purtroppo la Supercoppa ha luogo anche quando una squadra ha vinto sia campionato che Coppa Italia. La Lazio ha invece vinto la Coppa Italia ed è degna sfidante della Juve.
Fatte queste premesse, comunque non trascurabili, veniamo adesso al punto più grave. La Supercoppa si disputa in un Paese che da quattro anni bombarda i civili yemeniti, arresta in patria e trucida all’estero i dissidenti, esegue una media di quasi tre condanne a morte ogni settimana, frusta un blogger, imprigiona le attiviste per i diritti delle donne. Le nuove leggi anti-terrorismo promulgate in Arabia Saudita consentono discriminazioni di ogni tipo nei confronti dei cittadini sciiti.
Questa vignetta di Mimmo Lombezzi dice tutto:
Principe: “Domenica 22 avrà luogo la Supercoppa. Interrompete le esecuzioni, specialmente dei giornalisti, ok?”
“Boia”: “Ok, principe, ma abbiamo una richiesta”. “Due biglietti gratuiti, saremo senza mogli…”.
Ci si è riempiti la bocca di lotta contro il razzismo (giustamente), poi si accetta in maniera quasi naturale che questa Supercoppa venga disputata in un Paese dove le discriminazioni sono all’ordine del giorno. Discorso simile a quello dei mondiali del Qatar. Tempo fa parlammo dei soprusi e delle discriminazioni che stanno subendo i lavoratori che costruiscono gli stadi. Il razzismo e la discriminazione dilagano, ma la FIFA, in nome del dio denaro, chiude due occhi, con buona pace dei proclami e delle lotte contro ogni forma di discriminazione. Ma per certe istituzioni è più grave esporre la bandiera catalana che disputare partite di calcio dove i diritti vengono calpestati in ogni momento.
Quest’anno c’è stata maggiore apertura, dopo le pressioni internazionali (e italiane). Alle donne sarà dato libero accesso allo stadio da parte delle istituzioni, ma è difficilissimo sradicare una certa mentalità. La stragrande maggioranza delle donne saudite dipende dai mariti, i quali sono purtroppo restii a coinvolgerle in attività sociali. Per questo motivo è impensabile una grossa presenza femminile al King Saud University Stadium per vedere Juve-Lazio. A riguardo, lo scrittore Karim Zaidan aveva scritto: «l’ammissione delle donne negli eventi sportivi rappresenta il volto pubblico e progressivo che Bin Salman cerca di presentare, ma non riflette ciò che sta realmente accadendo nel suo Paese. Queste politiche selezionate sembrano liberali, ma sono anche misure superficiali se pensiamo all’oppressione sistematica che le donne devono ancora vivere nel Regno». Si parla di una pratica comune a certi stati “oppressori”, quella dello sportwashing. Lo sportwashing consiste nel tentare di lavare la propria immagine, ospitando manifestazioni sportive, provando a dare un’apparenza di normalità e tolleranza. Come brillantemente mostrato nella vignetta, qualcosa cambia giusto per i giorni in cui viene preparata la Supercoppa. Dopo che la partita tra Juve e Lazio avrà avuto luogo, tutto purtroppo tornerà come prima…
La cosa paradossale è che ogni edizione della Supercoppa porta 7,5 milioni di euro nelle casse italiane. In poche parole, poco più che briciole…

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione