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Icardi e Rodriguez: prevale sempre la volontà del giocatore

Con buona pace del Napoli e dei suoi tifosi, sarà Mauro Icardi a scegliere dove andare. Lo stesso farà James Rodríguez. Ciò è innegabile, l’ultima parola spetta sempre al calciatore. In pratica, le società, che prima della Legge 91 del 1981 sul Professionismo, con il vincolo sportivo, avevano il diritto di poter disporre in maniera esclusiva ed a tempo indeterminato del calciatore, attualmente non sono in grado di controllare e disporre pienamente del loro patrimonio. I due sogni neppure tanto velati dei calciofili napoletani sono la riprova che, se un giocatore è vincolato contrattualmente, ha comunque la possibilità di provare a cambiare maglia, forzando la mano e obbligando alla cessione la società d’appartenenza.

Questo è il controsenso della pluriennalità dei contratti, che sempre più spesso non rappresentano una promessa di matrimonio eterno (o quasi), e vengono utilizzati per scopi diversi da quelli previsti dal legislatore. Lo status di potenzialmente cedibile, mai proclamato esplicitamente, ormai è una conseguenza quasi naturale, ogni qual volta si concretizza una offerta che possa avere i canoni della irresistibilità, tanto per il giocatore, quanto per chi ne detiene i diritti sportivi. Per non dire poi, di chi lo gestisce: sia esso una moglie ingombrante, oppure un procuratore regolarmente iscritto all’ordine. Specialmente se rientra nella ristrettissima categoria dei plenipotenziari del mercato globale e come tale destinato a perfezionare l’affare nella doppia veste di manager del giocatore e intermediario per l’acquirente.

Vendere, e poi comprare per proteggersi dal ricatto

Regola omnia della campagna trasferimenti: è bello avere aspirazioni di grandezza, ma il sognatore muore prima dei suoi sogni, Quindi, sopravvivere è meglio, oltre che saggio. Il principio è semplice. Se sopravvivi, prima o dopo, puoi anche sperare di sognare, con la possibilità di presentarsi successivamente al tavolo di quelli che contano, con maggiore forza e convinzione. Il limite di questo modello consente ai presidenti di non spingersi mai oltre sé stessi. E poiché i calciatori – con la fattiva collaborazione di chi fa loro da “consigliori” – una ne fanno e cento ne pensano, per cercare di ricattare le società e costringerle a piegarsi a una volontà diversa da quella sancita a caratteri cubitali nel contratto, allora il mercato non diventa semplicemente una fonte di arricchimento, bensì un Domino, in cui le tessere si incastrano alla perfezione, tra cessioni e ingaggi risparmiati.

Per proteggersi da questa strisciante forma di ricatto, le società non hanno altri mezzi, se non quello di inserire nei contratti clausole risolutive sempre più alte. Tali, però, da far lievitare in maniera esponenziale il costo dell’ingaggio ed i prezzi della futura cessione. Di conseguenza, vendere, e soltanto dopo comprare, diventa un atto dovuto per costruire una rosa all’altezza delle proprie ambizioni. Senza farsi prendere, però, dall’ansia oppure dalla fretta di concludere, tra ipotesi suggestive e proposte di scambi. Con gli immancabili bonus a fare da contorno, rendendo digeribile una trattativa altrimenti tutt’altro che appetitosa per almeno uno dei contraenti.

L’incentivato all’esodo ferisce l’orgoglio del Top Player

In queste settimane, il calciomercato ha registrato un numero esorbitante di storie emblematiche, tutte riconducibili all’aforisma tipicamente partenopeo, secondo il quale: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà” (tradotto letteralmente come “Giorgio se ne vuole andare e il Vescovo vuole mandarlo via”). Espressione gergale che si usa quando due soggetti pretendono la stessa cosa. Tuttavia, nessuno fa il primo passo. Così, tutto resta uguale. Un discorso che riguarda Icardi e Rodríguez, ma anche Gonzalo Higuain. Tutti accomunati da un problema sicuramente non di natura economica. Ovvero, legato al riconoscimento dell’aumento di ingaggio. Nel loro caso, invece, la distanza con la società di appartenenza è molto più ideologica, che finanziaria. Il rapporto è entrato in crisi non tanto per avere più soldi, quanto, piuttosto per mancanza di stimoli. Sono sostanzialmente dei separati in casa.

Praticamente è diventato un problema irrisolvibile non sentirsi addosso il progetto della società. La sfiducia, neppure tanto latente di Real Madrid, Inter e Juventus sulle loro qualità realizzative e tecnico-tattiche ha ferito profondamente l’orgoglio di Rodríguez, Icardi ed Higuain. Al punto tale che, solo l’idea di rimanere in un ambiente dove non sono considerati fondamentali, ma addirittura giudicati come un peso, risulta impraticabile. Appare, quindi, normale per un Top Player (o presunto tale…) porsi certe domande. Magari istigato dal procuratore, specialmente se l’assistito, credendo di poter ancora spostare gli equilibri a forza di prestazioni sopra la media, non ha ricevuto risposte chiare ed esaurienti alle sue legittime aspettative di utilizzo. Al contrario, è stato palesemente incentivato all’esodo, per usare un tecnicismo di tipo giuridico, con una buona uscita economica o con la promessa di facilitarne il trasferimento in una piazza di suo gradimento.

 

Francesco Infranca