Lunedì prossimo verrà applicato il nuovo codice disciplinare FIFA contro il razzismo. “A meno che non si creino circostanze eccezionali, se una gara viene dichiarata conclusa dall’arbitro a causa di comportamenti razzisti e/o discriminatori, la partita deve essere dichiarata persa”. Le sanzioni saranno irrogate per insulti contro “il colore della pelle, l’origine etnica, geografica o sociale, il sesso e l’orientamento sessuale, la disabilità, la lingua, la religione, le opinioni politiche o qualsiasi altro status”.
Il fenomeno del razzismo non è così semplice da analizzare. Anche perché la palese sottovalutazione del deriva razzista da parte di tutti coloro i quali, a vario titolo ed a vario livello dovrebbero invece contrastarla, è evidente, nonostante in tanti (forse troppi…) facciano a gara per stemperarne gli effetti nefasti su tutto l’ambiente.
Quanto possa essere superficiale ed inadeguata la risposta di Federazione, Leghe ed Associazioni di categoria trova la sua spiegazione ed il suo fondamento su molteplici motivi.
La Figc, almeno formalmente, s’è sempre dimostrata particolarmente attenta al problema della discriminazione razziale, promuovendo una serie di attività funzionali a veicolare il calcio come elemento di integrazione, sensibilizzando specialmente le fasce d’età giovanile. La FIFA sta rispondendo e la seconda citazione del regolamento, che abbiamo mostrato sopra, va contro il famoso “razzismo di serie A e di serie B”.
Il punto rimane sempre lo stesso: perché a pagare devono essere le società, che nella stragrande maggioranza dei casi prendono le distanze dal razzismo, e non i criminali che si rendono protagonisti di certi atteggiamenti?

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione