Il motivo per il quale Carlo Ancelotti è al centro del programma di costruzione del “nuovo” Napoli, quello dell’anno zero post Grande Bellezza Sarrista, e attorno al quale continua a evolversi il progetto di crescita graduale, non si limita agli aspetti meramente tecnico-tattici.

Nella stagione che sta per terminare, l’allenatore di Reggiolo ha fatto comunque intravedere il suo personalissimo modello di gioco, cercando di applicarlo con il materiale umano a disposizione, in larga parte ereditato dalle precedenti gestioni.

Nonostante i suoi detrattori gli imputino uno stile fin troppo accomodante con i giocatori, tanto a livello fisico, quanto dal punto vista mentale, la società ha puntato su Ancelotti, considerandolo il miglior investimento per valorizzare tutto l’organico. In alcuni casi, il risultato è stato gradevole, in altri soltanto efficace. Qualche volta, poi, la delusione dettata da un risultato negativo  ha sopravanzato le attese, di pubblico e addetti ai lavori. Una eventualità da accettare, e magari mettere pure in preventivo, alla luce delle (altissime…) aspettative generate sotto il Vesuvio dall’Estetica Trascendentale.

Tuttavia, al netto di qualche mugugno, Ancelotti ha instaurato con l’ambiente partenopeo un rapporto talmente solido, da riuscire a resistere anche al soffio della contestazione. L’anno che verrà, l’influenza di Carletto, anche nella stanza dei bottoni, sarà ancora più coinvolgente. L’idea, infatti, è quella di svestire la tuta da lavoro, per indossare idealmente l’abito da manager “all’inglese”, spingendosi, quindi, ad indicare sul mercato quei giocatori funzionali al sistema che intenderà applicare, coerenti con il programma di crescita progressiva che il Napoli vuole sviluppare ad immagine e somiglianza del suo allenatore.

Le dichiarazioni delle ultime settimane, d’altronde, sono indicative di quanto Ancelotti sia sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda della società, e che assieme vogliano stabilire le linee guida per il prossimo futuro, delineando obiettivi plausibili di mercato, in relazione al budget ed alla possibilità economiche del club.

 

Questo contesto di reciproca fiducia, piuttosto che alimentare il malcontento del tecnico avverso l’impossibilità di poter provare a rinforzare il Napoli, ingaggiando i cd. Top Player (o presunti tali…), assicura un maggior valore al lavoro di Ancelotti, sul campo e soprattutto, nella stanza dei bottoni, permettendogli di suggerire acquisti mirati e adeguati alle sue idee, invece che roboanti ed insostenibili per il bilancio d’esercizio.

Il punto fondamentale della questione è proprio l’aspetto finanziario, che deve sposarsi necessariamente con le esigenze di carattere puramente calcistiche.

Magari, nell’ultimo quinquennio, la crescita sportiva del Napoli, certificata dalla presenza ormai costante in Champions League, non è avvenuta di pari passo rispetto a quella economica e strutturale della società. Pertanto, se gli azzurri vorranno consolidare la posizione privilegiata così faticosamente conquistata in questi anni, tale da renderli ancora i più credibili tra tutti i competitor della Juventus, in Italia, seppur ancora a distanze siderali rispetto alla Vecchia Signora, oltre che la mina vagante alle spalle dei 10/12 Top Club, che dettano legge in Europa, senza svenarsi attraverso campagne acquisti faraoniche, dovranno fare di necessità virtù, sviluppando un progetto incentrato sul proprio allenatore e, soprattutto, sulle sue idee.

Appare chiaro, dunque, come staff tecnico, presidenza e direzione sportiva siano fortemente motivati a creare e consolidare un’identità comune ed inscindibile per gli anni a venire, in maniera tale da poter gettare solide fondamenta, capaci di continuare ad alimentare quel sogno soltanto sfiorato appena la stagione scorsa.

 

Francesco Infranca