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Il Milan ha mostrato ieri segni di netta ripresa nella prima frazione di gioco. Complice anche una Juve che ha iniziato con scarsa concentrazione, la squadra di Gattuso ha preso campo, ha attaccato e ha tenuto il baricentro molto alto.

Il gol di Piatek, arrivato pochissimi minuti dopo l’episodio del rigore non concesso, è giunto a suggello di un predominio territoriale evidente.

Il Milan era ben disposto in campo, con linee vicine e tutti a darsi una mano. La diga composta da Kessie-Bakayoko funziona decisamente meglio di un centrocampo con Biglia a impostare.

Il cambio di modulo, con le presunte ingerenze da parte della dirigenza, non aveva sortito gli effetti sperati. Già c’erano state critiche nel derby, esacerbate poi nelle partite successive. A Torino Gattuso è tornato sui suoi passi, rinunciando alle due punte, fino all’ingresso in campo di Cutrone, portando invece avanti un gioco più comune.

Finché la Juve non ha aumentato i giri, il Milan è stato sul pezzo e ha mostrato indubbiamente progressi rispetto alle ultime, tanto criticate, prestazioni in campionato.  Gattuso ha quindi evitato ogni tipo di esperimento, decidendo di sostituire Paquetá con Borini, elemento non eccelso ma ideale nel 4-3-3. Con tutti i suoi limiti, l’ex Sunderland non ha certo sfigurato, così come un po’ tutto il Milan è andato bene in fase offensiva.

Non è un Milan da palati fini, ma questo prescinde dal gioco di Gattuso, non essendovi elementi dalla tecnica sopraffina come quelli ammirati a San Siro nell’era Berlusconi. Gattuso intanto può sfruttare due moduli, prediligendo il suo classico 4-3-3 e scegliendo in base alle sue idee. Non è stato un Milan vittima sacrificale tantomeno ha meritato di perdere.

Adesso ci saranno sette finali per ottenere una qualificazione in Champions che manca oramai da sei anni.