Concentrazione e tenuta mentale

Il Napoli di Ancelotti nelle ultime uscite, da Sassuolo a Salisburgo, sembra sempre sul punto di implodere. E la gara con l’Udinese non ha di certo smentito la deriva presa dagli azzurri in questo particolare momento della stagione. Anzi, ha dimostrato che sotto l’ombra del Vesuvio c’è una squadra con grossi problemi di concentrazione. Capace di alternare – anche nell’ambito della stessa partita – prove di forza notevoli a sonore dormite.

Tuttavia, bisogna considerare il fatto che il Napoli sta vivendo una condizione particolare. Con la vetta della classifica lontana ormai anni luce e l’ampio vantaggio accumulato rispetto al quinto posto, tale da poter considerare la qualificazione alla prossima edizione della Champions pressoché conquistata, da formalizzare solo aritmeticamente, l’obiettivo stagionale è diventata l’Europa League. E la sensazione che Carlo Ancelotti stia cercando di gestire il gruppo, dal punto di vista tecnico ed emotivo. Lo fa utilizzando il campionato come strumento allenante in funzione europea è avallata da prestazioni come quella contro i friulani.

Probabilmente questa circostanza è ideale per il Napoli. In questa stagione ha dimostrato quanto il progetto tattico di Ancelotti, piuttosto che per una competizione lunga ed articolata come il campionato, si adatti perfettamente a situazioni da gara secca. Qui si possano esaltare le giocate individuali, fatte con qualità nei momenti cruciali di una partita, dai singoli talenti. E’ indubbio, però, che in una circostanza del genere si paghi pegno dal punto di vista della tenuta mentale e nervosa. Favorendo risultati altrimenti improponibili e rimonte più o meno clamorose…

Adattamenti tattici di Ancelotti e interpretazione delle situazioni

Ma il Napoli è allenato da un Top Coach. Ergo, risulta innegabile quanto sia cambiata la partita attraverso gli adattamenti tattici di Ancelotti, capace di mutare completamente il volto alla sua squadra, da ribaltare l’inerzia che il match aveva preso tra il primo ed il secondo tempo. La vittoria sull’Udinese trova la sua spiegazione proprio sulla strategia posta in essere dal tecnico di Reggiolo. La parola chiave potrebbe essere interpretazione della partita in corso d’opera e adattamento rispetto allo sviluppo situazionale della gara.

Con Carletto che, subito il pareggio, ha espresso il meglio del suo repertorio di allenatore Top, abile nel preparare le partite. Ma soprattutto, nel leggerle. La mossa più impattante è stata quella di mantenere gli stessi undici in campo, ridisegnandone però la posizione.  Inizialmente, il sistema di gioco del Napoli prevedeva che nel giropalla, i terzini si alzassero per andare ad allinearsi ai due mediani, con gli esterni di attacco molto dentro al campo, che si muovevano entrambi in verticale rispetto alle due punte, per liberare spazio in fascia alle sovrapposizioni di Malcuit e Goulham. Nella ripresa, il sistema è rimasto, sostanzialmente, il 4-4-2 con Mertens e Malcuit che andavano ad occupare però una porzione di campo ibrida.

Il francese ha smesso di spingere ossessivamente, stringendo la sua posizione e lasciando il compito di garantire ampiezza all’algerino, sul versante opposto. A destra, è rimasto Callejon a dare copertura, con Mertens che cercava spazi vitali defilandosi proprio dalle parte occupata prima dallo spagnolo, per poi rientrare e attaccare l’interno.

Che sorpresa, l’Udinese

A questo punto, occorre fare una premessa di carattere generale. La partita dell’Udinese è stata orchestrata in maniera perfetta da Nicola. Dalla scelta della formazione iniziale fino alla lettura delle situazioni, frutto dei buoni movimenti nelle due fasi di gioco avuti dai friulani. Le intuizioni del tecnico dei bianconeri sono state fondamentali per imbrigliare il Napoli. Una recita (quasi…) perfetta, con la difesa molto bassa, tesa ad annullare la profondità e costringere gli attaccanti azzurri a venire a prendere il pallone tra le linee, ma assai lontano dai cruciali sedici metri.

Con due linee di copertura ben compatte, talmente strette e corte da non fornire “luce” verso la porta di Musso, lo stratagemma s’è dimostrato ancora più efficace grazie al sacrifico dei due laterali, Ter Avest a destra e Zeegelaar a sinistra, che occupando lo slot di terzino, in fase di non-possesso, si abbassavano molto per costruire una solida linea difensiva a cinque.

In questa maniera, i tre centrali non erano costretti a scalare e scivolare verso l’esterno, restando molto vicini tra loro, al punto tale da garantire sempre la superiorità numerica posizionale rispetto a Milik e Ciro il Belga. Schierati tutti sotto la linea della palla per fare densità, in fase di costruzione, era semplice per l’Udinese ripartire sempre pericolosamente grazie alla forza di Fofana, alla velocità di Pussetto e Lasagna, ed alla tecnica di De Paul. L’ago della bilancia, in questo frangente, è stato Mandragora. Nell’insolito ruolo di centrale difensivo, il “pivote” originario di Scampia ha esasperato una endemica lacuna degli azzurri.  Il Napoli porta tanti uomini nella metà campo avversaria. Quando l’avversario riesce a sottrarsi alla prima linea di pressione attraverso il palleggio, diventa concreta la possibilità di subire una transizione negativa. Cosa che s’è verificata puntualmente, specialmente nell’azione che ha portato al 2-1!!!

Calma e gesso…

Insomma, tutto sommato c’è da essere moderatamente soddisfatti. Oddio, nessuno ha intenzione di affermare che la concomitante sconfitta della Juventus in casa del Genoa possa riaprire la lotta allo Scudetto. Tantomeno, aver scalfito il margine di sicurezza accumulato sul Napoli dalla Vecchia Signora (+15 in classifica sugli azzurri). L’uguaglianza competitiva della Serie A resta ben lungi dall’essere messa in discussione, così come la credibilità di alcuni risultati. In ogni caso, il ritorno al gol di Ciro e l’esordio tutto sommato nient’affatto negativo di Younes possono bastare ai napoletani per accantonare questa domenica al San Paolo con un certo entusiasmo.

Francesco Infranca