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Il capolavoro di Ancelotti, tra modulo e sistema di gioco

Il capolavoro di Carlo Ancelotti, specialmente in Europa, dove il livello dei competitors è certamente assai superiore rispetto alla mediocrità che ristagna in campionato, è stato quello di aver trasceso le differenze tra modulo e sistema di gioco.

Il primo fotografa, attraverso l’utilizzo di una mera formula numerica, lo schieramento della squadra. In sostanza, il numero di giocatori che occupano una determinata posizione, generalmente, in fase di non possesso palla. Ma il modulo è un concetto statico, che non tiene conto del continuo sviluppo situazionale di una partita, e la conseguente necessità delle squadre di adattarsi, in funzione del comportamento e dei movimenti continui per smarcarsi e occupare gli spazi degli avversari.

Specialmente in fase di possesso, quindi, il sistema di gioco fornisce informazioni sul comportamento dinamicamente di una squadra. A differenza della serie A, dove il Napoli scende in campo con quello che sulla carta può essere indicato come un 4-4-2 di stampo “tradizionale”, una idea di gioco definita e riconoscibile, per certi versi semplice da interpretare, basata sull’attenzione ai movimenti ed alla copertura degli spazi in fase difensiva, e sulle ripartenze e la verticalità in attacco, in Europa, Ancelotti muove le pedine e muta la forma dell’undici in mezzo al campo…

PSG e Liverpool mortificate da un Napoli fluido e flessibile

In Champions League, gli Azzurri hanno mortificato Liverpool e PSG utilizzando in maniera sistematica due diverse disposizioni, capaci di consentire alla squadra di passare facilmente dall’uno all’altro schieramento, nella transizione tra le due fasi di gioco.

In fase difensiva, il Napoli ha scelto sempre di disporsi su due linee strette da 4 giocatori, che disegnano un classico 4-4-2. Però in fase di possesso, si alza Mario Rui sulla linea dei centrocampisti, al contempo Maksimovic stringe accanto ad Albiol, lasciando libero Fabian Ruiz di esplorare lo spazio interno, a sinistra.

La squadra di Ancelotti disegna così in mezzo al campo una sorta di atipico 3-4-3. La linea a 3 consente al Napoli di difendere in spazi ridotti, proteggendo l’imbuto difensivo in caso di transizioni negative, ed evitare corse lunghe per coprire la profondità. Un calcio perfetto per esaltare le doti in marcatura del centrale serbo, caduto talmente nel dimenticatoio con la precedente gestione tecnica, da fuggire allo Spartak Mosca, e riscopertosi pedina insostituibile in questa campagna europea.

Ma è un accorgimento tattico che agevola soprattutto la risalita del pallone dal basso, disegnando diverse linee di passaggio per superare il pressing avversario. Il tecnico di Reggiolo, del resto, chiede ai suoi giocatori di dominare il possesso, ed i movimenti della catena mancina garantiscono, a diverse altezze del campo, una migliore scorrevolezza nella circolazione della palla, risultando funzionali proprio a questa idea.

Francesco Infranca