• Tempo di lettura:7Minuti

“I miei compagni di squadra mi hanno messo a mio agio, oggi hanno reso le cose più facili, non ho sentito nessuna particolare pressione, gioco come so fare”.

Così Guendouzi, classe ‘99 all’esordio, si è espresso nel post partita di Francia-Croazia U21 giocatasi qualche giorno fa e terminata 2-2; quelle che potrebbero sembrare parole scontate e di circostanza, se contestualizzate assumono peró un significato più complesso nonchè il miglior input per addentrarsi nel pianeta Matteo Guendouzi.
Mondo in cui la consapevolezza la fa da padrona, in primis quella nei propri mezzi e qualità, in secondo luogo quella di aver, non solo intuito ma anche già metabolizzato l’importanza di essere membro ma soprattutto potenzialmente motore di una squadra.
Ciò che stupisce del giovane centrocampista nato a Poissy, non distante da Parigi, è non solo
Il coraggio che denota nel farsi carico delle responsabilità e di attuare scelte spesso controintuitive, sia fuori che dentro il rettangolo di gioco, ma tanto il fatto che spesso e volentieri tali decisioni paghino.

Il riccioluto francese, seppur nato e cresciuto calcisticamente parlando nelle giovanili del PSG (dal ‘05 al ‘14) decide a sorpresa insieme alla famiglia, di migrare verso altri lidi (malgrado la proposta di rinnovo) con l’intenzione di trovare fin da subito più spazi.
Matteo approda quindi nel modesto Lorient, esordendo in prima squadra nel corso della Ligue 1 ‘16/‘17 a soli diciassette anni, collezionando comunque 8 presenze malgrado l’ultimo posto a fine campionato degli Arancioneri e l’inevitabile retrocessione in Ligue 2.
È proprio nella seconda lega francese successiva però che la scelta di Guendouzi di abbandonare la casa madre paga, il minutaggio aumenta esponenzialmente (18 presenze totali) così come l’esperienza e il livello delle prestazioni, rendendo quindi il diciottenne pedina inamovibile nonché fulcro della manovra nel ruolo di uno degli interni di centrocampo nel 4-4-2.

La naturalezza con cui Mattéo gestisce il pallone e lo spazio è rara, ed è difficile non notarla, arriva quindi nell’estate ‘18 la grande chiamata, e arriva dal nord di Londra, dalla squadra del suo cuore, dai Gunners targati Emery, il primo Arsenal dell’ era post Wenger.
L’approdo oltremanica del talentuoso francese di origine marocchina passa però quasi inosservato, sia a causa dell’investimento economico piuttosto contenuto (8 mln €), che della giovane età del ragazzo, ma anche e mi permetto di aggiungere soprattutto per il contemporaneo acquisto da parte dell’Arsenal del classe ‘96 Lucas Torreira dalla Sampdoria per 30mln € con cui Guendouzi condivide il posizionamento in campo.

Le gerarchie di Emery sembrano quindi già scritte in partenza con l’uruguagio titolarissimo al fianco di Xhaka nel comporre la cerniera di centrocampo nel 4-2-3-1; è però durante l’International Champions Cup che Guendouzi mostra il proprio potenziale a causa delle assenze dei reduci dal mondiale russo, sfoderando prestazioni monstre che in breve gli permettono di scalare posizioni e di presentarsi ai nastri di partenza della Premier League in grado di giocarsi la maglia dal ‘1 minuto, anche a causa della precaria condizione del principale “rivale” uscito malconcio dalla kermesse mondiale.
Titolarità che arriva già alla prima di campionato, nella partita forse più difficile per un centrocampista quella contro il rodato e dominante Manchester City di Guardiola, che infatti vince 0-2 con una rete per tempo.

Guendouzi peró non naufraga, fatica perde a volte le misure ma regge l’impatto in maniera dignitosa, non passando inosservato ed i suoi primi ‘90 sono stati egregiamente riassunti così da Jack Pitt-Brooke sull’Independent: “Contro i campioni in carica Guendouzi è sembrato fuori contesto un momento e poi totalmente a proprio agio in quello dopo”.

Da quel difficile ma stimolante esordio Guendouzi ha collezionato già 526 minuti in Premier League suddivisi in sei partite da titolare e tre da subentrato e 303 in Europa League in cui è sceso in campo nell’undici iniziale per ben tre volte su quattro, segnando anche il primo goal da professionista nello 0-3 esterno in terra azera contro il Qarabag.

Guardando e riguardando ognuno di quegli 828 giri di orologio, in cui il filiforme numero 29 in maglia biancorossa ha calcato i campi in questa stagione si ha la netta e chiara sensazione di trovarsi dinnanzi a un giocatore che ama il pallone, e lo ama in tutte le fasi della giocata, dal primo controllo al passaggio, che può essere indifferentemente lungo o corto rasoterra o alto, di prima o dopo una serie di tocchi, tocchi che quasi mai risultano superflui, ma sempre atti a servire i compagni al momento da lui ritenuto più opportuno e che spesso è quello giusto.

Essendo impegnato quasi unicamente nel “doble pivote” in un Arsenal molto sbilanciato Guendouzi ha già dovuto testare le proprie doti in fase difensiva, in un campionato in cui la fisicità la fa da padrona lui oppone quasi filosoficamente la propria intelligenza tattica e la lettura delle azioni, con risultati fuori dal comune, intercetta infatti 1.4 palloni a partita (terzo in tutta la squadra) e vince malgrado i suoi 185 cm per 64 kg ben 2.3 contrasti a partita (primo dei Gunners).

Risulta evidente quindi la lucidità da lui posseduta nel decidere se e quando affrontare l’avversario, ma ciò che stupisce ancora di più è il dato relativo a come e dove rigioca i recuperi effettuati, è infatti diciassettesimo nella graduatoria dei palloni spazzati (solo 0.3 a partita) numero impressionante visto la zona di campo in cui spesso agisce che se messo in relazione con quello delle palle perse (0.6 a partita) non può che lasciare a bocca aperta.

La salida lavolpiana dei Gunners e la centralità di Guendouzi nella stessa

Guendouzi è stato più volte fondamentale inoltre per la fase embrionale della manovra di Emery, infatti spesso con Xhaka e Ozil marcati a uomo è toccato a lui il compito di condurre l’uscita della palla dalla difesa, alle volte abbassandosi fra i due centrali, permettendo agli esterni di salire creando così linee di passaggio pulite, alle volte ricevendo dietro la prima linea del pressing avversario oscillando lungo tutta la mediana.


In entrambe le soluzioni è parso poi essere a suo agio nella conduzione della sfera, ha infatti una percentuale di passaggi riusciti superiore all’88% a partita, è inoltre dotato di un ottimo destro capace di scandagliare il campo anche a 40-50 metri di distanza, effettua infatti mediamente 3,6 passaggi lunghi a partita (secondo fra i non difensori).

Quello che ne risulta è il profilo di un ragazzo conscio dell’importanza che ricopre nel sistema di gioco, pronto ad assumersi responsabilità anche in situazioni potenzialmente complicate.

In un inizio stagionale con poche certezze da parte dell’Arsenal, e più di un dubbio, più che lecito considerato il momento storico, Guendouzi è senza dubbio la sorpresa più lieta, utilizzabile al momento “solo” come centrocampista centrale affiancato da elementi più esperti Xhaka e Torreira in primis (considerata anche la propensione del francese a perdere la posizione e a lasciare qualche spazio di troppo libero alle sue spalle) ha comunque margini di miglioramento immensi ed in futuro non è da escludere un’evoluzione in vertice basso davanti alla difesa in un centrocampo a tre, o in mezzala di possesso, e infine se accompagnato da un’adeguata crescita muscolare anche come difensore centrale.

La speranza è quindi che riesca a trovare lo spazio e la continuità che merita, che sbagli che perda, che impari, che si evolva , ma senza mutare quella splendida concezione di calcio che trasmette, l’amore per il pallone e la capacità di “giocare come sa fare” e la coscienza che se ciò accade è anche merito dei compagni.

Nicoló Palmiotta